mercoledì 24 ottobre 2007

RATATOUILLE!!

Fantastico, finalmente è uscito! Sì, il tanto atteso film col topolino con ambizioni culinarie, lo aspettavo da tempo e finalmente l'ho visto l'altra sera! Animazione strepitosa, disegni incredibili, in più di un'occasione i disegni sembravano realtà. Poi c'è lui, Remy, il piccolo chef, che ha un faccino dolcissimo. Ma soprattutto il film si svolge... nella cucina di un blasonato ristorante francese e dovete vedere com'è ricostruita bene, davvero fedele alla realtà anche per quanto riguarda la gerarchia dell'ambiente culinario. Strepitosa secondo me la figura della giovane cuoca, l'unica donna in cucina, una vera dura che tra l'altro va anche in moto; quando si presenta al giovane cuoco-per-sbaglio fa un ritratto delle donne chef molto realistico, almeno da quello che mi sembra di aver capito leggendo qualcosa di Anthony Bourdain (Kitchen Confidential, edito da Feltrinelli, moooolto carino e imperdibile per gli amanti dell'ambiente!). Poi la storia, un po' banale se vogliamo ma comunque carina, richiama una sorta di topos letterario-culturale, e cioè...
E DA QUI IN POI NON LEGGETE SE NON AVETE VISTO IL FILM!!
...che alla fine, più dei piatti supersofisticati preparati da chef superstellati e pluripremiati, vincono i sapori semplici, quelli che in un boccone evocano i ricordi d'infanzia, di quando quel piatto te lo preparava la mamma o la nonna, di quando andavi in cucina e ti avvolgeva quel buon profumo di cibo e d'amore, di quando la vita era ancora semplice e non ti dovevi preoccupare di nient'altro se non di quale gioco avresti voluto fare quel pomeriggio, di quando la Domenica significava ancora FESTA al 100% e non doversi ritagliare un'ora di riposo tra 600 impegni per ciò che non hai potuto fare in settimana! Dato che sono un po' sotto pressione in questo periodo l'argomento mi ha assai toccata.. vorrei aprire una bolla spazio-temporale e dedicarmi soltanto al mio sogno "segreto", ovvero di avere un ristorantino con pochissimi tavoli, dove cucinare come se lo facessi per gli amici, cose semplici per offrire il piacere di stare in compagnia intorno a un tavolo, senza pensieri. Ma non è possibile, ahimè, dunque mi diletterò di offrirvi la mia personale versione della

RATATOUILLE
Io uso, per due persone:
1 patata (circa 250 g)
2 zucchine
2 pomodori rossi tondi
1 cipolla dorata
A piacere si può aggiungere peperone giallo e una melanzana tagliata a fette e lasciata un'oretta a perdere l'acqua di vegetazione, dopo averla cosparsa di sale grosso.
Affettare la cipolla a rondelle, mondare le altre verdure. E' molto carina l'idea che ho visto nel film di affettare le verdure sottilmente usando una mandolina, conferisce eleganza al piatto. In una teglia da forno sistemare le verdure alternandole a strati in diagonale, cioè uno strato di patate appoggiate al bordo della teglia, poi uno di cipolle, uno di zucchine e uno di pomodori. In questo modo tutte le verdure sporgono un po' e possono dorarsi. Il tutto va salato, pepato e cosparso con un bel giro di olio di oliva. Poi si va in forno, a 180° per almeno 25-30 minuti. Il forno è meglio se ventilato, poi negli ultimi cinque minuti di cottura azionate il grill per dorare meglio le verdure. E' ottima servita con una salsa al basilico, con o senza aglio, una specie di pesto preparato con basilico, sale, parmigiano, pinoli e l'eventuale aglio (una puntina!!) tutti pestati insieme nel mortaio, allungando con olio extra vergine fino a ottenere consistenza cremosa.

Ok, io la chiamo ratatouille, ma la ricetta originale è un po' diversa. Intanto vi dico che viene da touiller, che significa rimestare, e inoltre si cuoce in pentola e non al forno. Somiglia un po' alla nostra peperonata o alla caponata; si mettono peperoni verdi e gialli, zucchine, melanzane, pomodori, cipolle, aglio, sale e pepe, erbe provenzali (timo, lavanda, maggiorana, origano) e a volte anche basilico. Si accompagna a riso o pane.

Bon appetit!!

lunedì 8 ottobre 2007

COUS COUS DI AGNELLO


Eh, stasera sono prolifica così, dopo mesi di assenza ho deciso di tornare alla grande! Non voglio infilarmi nel cul de sac delle considerazioni sul senso della vita che, oggi più del solito, premono per farsi spazio nella mia testa, perciò mi limiterò a dare ricette (si vede che era destino...) Dunque stavolta andiamo a tuffare la testa nella cultura araba, in senso lato, diciamo mediterranea, che si avvale di prodotti favolosi della terra che ritroviamo anche nella cucina del Sud della nostra Italia. Incontreremo infatti la carne di agnello, cara ai sardi e alle discendenze more in genere, l'uvetta, lo zafferano (si vede che ho la fissa?scusate, lo adoro!!), il peperoncino e la semola di grano duro, incocciata nel modo tutto particolare che diventa il cous cous. Pe rfortuna si trova precotto, una volta ho letto il procedimento ma è molto laborioso e richiede grande esperienza. La maggior parte delle cucine del sud ha una sua forma di cous cous, in Sardegna direi si possa assimilare alla fregola, a Lampedusa lo cucinano con pesce e tendenzialmente in brodo, a Favignana quelle due genie delle sorelle Guccione hanno inventato Frascatole, un piatto a base di semola incocciata grossa e servita in brodo di aragosta. Il termine Incocciare fa riferimento alla tecnica di preparazione del cous cous, coiè lavorando la semola con acqua fino a formare delle palline molto piccole.

Comunque, stasera fa freddo da me, e mi si acuisce la voglia di cotture lunghe...


Rosolate 2 cipolle in olio e burro, unite 2 carote tagliate a rondelle, un po' di peperoncino. In questa base profumatissima rosolate 800 g di agnello, salate e pepate, poi unite 2 pomodori, 100 g di fave, 50 g di ceci lessati, una bustina di zafferano sciolto in un po' di acqua, 50 g di uvetta fatta precedentemente rinvenire in acqua tiepida. Coprite bene e cuocete per almeno tre quarti d'ora, piano. Deve proprio essere un umido saporito, ma poi dobbiamo farlo asciugare, non prima di avere aggiunto 2 zucchine scure tagliate a rondelle.

Prepariamo il cous cous, in genere le dosi per quello precotto sono tipo quelle del riso, un bicchiere di semola ogni 2 commensali, e per ogni bicchiere di semola uno di acqua. Bollite l'acqua, io non la salo, versate la semola e coprite, lasciando gonfiare per 5 minuti. Poi sgranate la semola con una forchetta, e aggiungete un po' di grasso, olio o burro (quest'ultimo è meglio...). Nel pentolone, che possibilmente dovrebbe essere di coccio, nel frattempo la salsa dell'agnello si sarà addensata. Via dal gas, dunque, e una bella manciata di prezzemolo tritato o, meglio, coriandolo, ma non si trova dappertutto qui da noi.


Servitelo come bellissimo, e buonissimo mi auguro, piatto unico. Bon appetit!

BAVARESE ALLO YOGURT CON SALSA AI FRUTTI DI BOSCO


Questo classicone è stato per me un'autentica scoperta, per ciò che riguarda la salsetta che lo accompagnerà. L'ho preparato per una cena con le amiche, e ho finito tanto per cambiare per mangiarmi tutta la salsa avanzata, alla faccia dell'ospitalità!

Per la bavarese fate bollire 125 ml di latte con 125 grammi di zucchero (siate precise, i dolci sono l'unica cosa che a mio parere richiede davvero precisione nelle dosi, pena una loro non riuscita, mentre io in genere sono una fan dell'andare a occhio, e a lingua) e una stecca di vaniglia. Intanto ammollate 6 g di colla di pesce (3 foglietti) in acqua. Quando il latte bolle, spegnete il fuoco, incorporate la colla di pesce, fate raffreddare. Nel frattempo montate 250 g di panna liquida freschissima e FREDDISSIMA (mettetela pure in freezer 10 minuti, non lo sapevo ma viene meglio), ma non troppo, deve restare cremosa. Infine incorporate allo sciroppo di latte e zucchero lo yogurt, 300 grammi, intero, bianco, semplicissimo, oppure viene bene anche con quello magro, ma non usate quelli con aggiunte di zucchero o panna che renderebbero troppo dolce il tutto, e la panna montata. Mescolate piano dal basso verso l'alto. Versate in satmpini individuali, che avrete unto con poche gocce di olio di riso. Ce ne vengono circa 6-8. In frigo per almeno 4 ore, ma meglio farli il giorno prima. Poi prendete un bel mixer a immersione con il suo bicchiere e frullate una busta di frutti di bosco surgelati, ovviamente scongelati, più un cucchiaio o due di zucchero, ma per favore non fateli troppo dolci. Vedrete che la consistenza di questo frullato sarà fantastica, densa, con tutti i semini croccanti. Usatela per nappare generosamente la vostra bavarese sformata, e completate con un grappolino di ribes rosso che fa tanto alta cucina....

domenica 26 agosto 2007

A TUTTO ZAFFERANO



AJO'!!!
Già, sono stata in Sardegna, vacanza catartica sotto molti aspetti, ci sono state un sacco di prime volte in queste due settimane... la mia riflessione di cui vorrei rendervi partecipi è questa: guardate sempre alla vita con curiosità ed entusiasmo, non potete mai sapere cos'ha in serbo per voi, e la maggior parte delle volte ha molta più fantasia di voi, perciò saprà stupirvi in più di un'occasione! Se qualcuno mi avesse profetizzato questa vacanza soltanto un anno fa gli avrei riso in faccia, poi l'avrei accusato di essere un venditore di fumo... Questo mio viaggio mi ha fatto scoprire una terra che non conoscevo, e se da un lato mi ha un po' delusa perchè poco "marinara", a dispetto del bellissimo mare che la bagna, dall'altro mi ha sorpresa con una natura dal carattere duro ma fascinoso. Io volevo fare vita marinara, sperimentando per undici mesi l'anno l'umida e nebbiosa Valpadana, in realtà ho finito per conoscere meglio, anche dal punto di vista culinario, la campagna e i prodotti della terra. Infatti stasera declinerò in alcuni modi diversi un prodotto tipico eccezionale: voilà le ZAFFERANO DI DORGALI, o Taffaranu durgalesu come l'ho visto scrivere...

Sono andata a leggere qualche notizia su questo splendido fiore, manco a dirlo è di origine orientale, dove si usava per la tintura dei tessuti, per cerimonie religiose nelle quali, ahimè, veniva bruciato a scopo votivo, e naturalmente in cucina. Fa parte della famiglia delle iridacee, il suo nome scientifico è Crocus sativus e dall'Asia a noi è giunto tramite la Spagna, ad opera di un frate che provò a coltivarne i cormi (si chiamano così i bulbo-tuberi) con risultati ottimi. La massima produzione si trova in Abruzzo e in Sardegna, ma anche in Sicilia, Puglia e Calabria, amando terreni fertili e freschi (in Abruzzo, infatti, si coltiva a un'altitudine di 600-700 metri). Il fiore viene raccolto verso fine ottobre, poi ne vengono prelevati gli stimmi, ovviamente a mano, che vengono fatti essiccare al calore della brace. La resa per ettaro varia da 5 a 15 kg di stimmi freschi; un kg di stimmi si ottiene da 60 kg di fiori, ma una volta essiccato questo kg si riduce soltanto a 200, preziosissimi, grammi!! Il suo colore giallo è dovuto all'alfa-crocina, il prodotto dell'esterificazione tra un carotenoide e uno zucchero. Non sto a dilungarmi in tirate chimiche che non sono alla mia portata, ma questo serve a dire che la sostanza ha una porzione idrosolubile, che rende il pigmento solubile in acqua, e una liposolubile, che lo rende solubile nelle sostanze oleose, e ciò ci torna utile in cucina perchè è possibile diluire lo zafferano in brodo caldo ma anche produrre un olio profumato e colorato. E' affascinante, la chimica in cucina, mi ricordo che quando avevo la Tv via satellite mi drogavo di canali dedicati alla cucina, e c'era una trasmissione che spiegava i processi di trasformazione chimica che subiscono gli alimenti, grazie ai quali otteniamo creme, emulsioni, gelati, cottura della carne, della pasta ecc.

Ma tornando a bomba, prima di deliziarvi con ricette a base di pigmento aureo vi devo segnalare che, volendo, potete utilizzare lo zafferano anche come veleno, ma dovrete sborsare un bella cifretta, poichè il quantitativo necessario è di almeno 20 grammi al giorno!!



A fini culinari, invece, chi me lo ha venduto mi assicura che con 0,2 grammi di stigmi si possono preparare 8-10 porzioni di ottimo risotto o....





TROFIE CON PESCATRICE, ZAFFERANO E POMODORI CONFIT


La prima operazione consiste nel preparare i pomodori, personalmente preferisco i datterini o i ciliegini, comenque quelli piccoli, cui non tolgo nulla, nè buccia nè semi, tuttavia scuola vorrebbe si usassero pomodori scottati e sbucciati, tagliati a spicchi e privati dei semi. Ad ogni modo, vanno cosparsi di sale, una spolverata di zucchero se li trovate un po' acidi, e con certosina pazienza una fettina di aglio su ogni spicchio. Infornateli a 80°C per almeno un'ora, l'effetto deve essere tipo pomodori essiccati (che per inciso possono essere una valida alternativa se non avete tempo; vanno messi ad ammollare in acqua per 10-15 minuti). Ecco, del resto è tutto molto semplice: fate rosolare due spicchi di aglio in un paio di cucchiai di olio extravergine buono, buttateci la pescatrice tagliata a tocchetti (diciamo circa 100 g a porzione, a me piace ben condita), salate leggermente e cospargete di pepe bianco. La cottura è brevissima, e deve essere fatta a fuoco vivace, in una padella larga. Nella pentola di acqua bollente cuocete le trofie, possibilmente fresche, in modo da farle restare ben al dente, o meglio devono essere francamente ancora crude, perchè poi dovrete scolarle e finire la cottura in padella, dove vanno saltate con il pesce, lo zafferano sciolto in qualche cucchiaio di acqua di cottura della pasta, una spruzzata di verde composto da prezzemolo ed erba cipollina ben tritati. Alla fine unite i pomodori, cui avrete eliminato le fettine di aglio, che ci sono servite solo per dare il sapore.

Servite, e godete, è strepitoso!


lunedì 2 luglio 2007

STROZZAPRETI CON CALAMARI, ZUCCHINE E ZAFFERANO


Al rientro da una lunga e frustrante tirata lavorativa avevo voglia solo di buttarmi sul letto e dimenticarmi come mi chiamavo finchè la sveglia impietosa mi avesse rimbalzata nella realtà... ma avevo in frigo quattro calamari che sarebbe stato un delitto buttare, e soprattutto avevo bisogno di recuperare il piacere di cucinare una cosa buona e curata anche per me sola. Negli ultimi tempi uso la mia casa quasi solo come un punto dove appoggiare gli stracci della giornata finita e raccogliere quelli per la giornata che verrà, infilandoci in mezzo una corsa, quando ho il tempo, una doccia, e la popolazione ringrazia, e quando va bene anche un piccolo sonno. C'è troppo caldo, per cui essendo poco a casa tengo in dispensa e in frigo il minimo indispensabile, ergo non c'è più quella bella scelta di ingredienti che mi permetteva di mettermi lì a contemplare cassetti e barattoli ed assemblare qualche nuova ricetta..
Il pesce, nel mio bagaglio di esperienze, è sempre stato un ingrediente che significava in qualche modo "festa", novità, cibo extra-ordinario. Mia mamma lo comprava solo al giovedi, quando veniva un tipo dalla riviera romagnola con un camioncino frigo e lo vendeva di fronte al supermercato di cui ci servivamo. Non so se vi ricordate, ma vent'anni fa, almeno nei paesi medio-piccoli come il mio, non esistevano i supermarket con il banco del pesce, e forse allora era anche molto più caro, in proporzione, rispetto ad ora (contrariamente a quanto si pensa, oggi una discreta orata allevata può costare anche meno di un filetto di manzo, con garanzie più o meno uguali sulla sua qualità e provenienza, mucca pazza docet...). Ora, pur consumando pesce tre volte a settimana, ogni volta che lo acquisto lo faccio con lo spirito di chi si prepara per una cena speciale, e se ho ospiti che lo gradiscono continuo a considerare la cena di pesce come qualcosa di più particolare..
I calamari, sì, torniamo qui! Per due persone ne servono circa trecento grammi, quattro di medie dimensioni, oltre a due zucchine, un paio di spicchi di aglio.. aspetta, mettiamo in ordine bene:

- 300 g di calamari
- 250 g di zucchine verdi
- 2 spicchi di aglio
- 2 cucchiai di olio extravergine di oliva
- 4-5 pomodorini datterino
- una bustina di zafferano
- sale, pepe bianco
- qualche foglia di basilico
- prezzemolo tritato
- 200 grammi di strozzapreti freschi, o trofie o altra pasta fresca a piacimento

Sull'argomento pasta fresca posso solo dirvi che la adoro, soprattutto se combinata con il pesce; mi piacciono in modo particolare i formati attorcigliati tra loro, come appunto trofie e strozzapreti. Nel bar dove vado sempre a pranzo quando vado a Riccione li fanno all'uovo, e di una forma leggermente diversa da quella canonica, rigorosamente tutti diversi tra loro... una meraviglia!
La procedura è molto semplice, si fanno saltare le zucchine affettate sottili con una mandolina in olio e aglio, si regolano di sale e pepe, si aggiunge il basilico per insaporire e nel frattempo si porta a bollore l'acqua per la pasta. I calamari si buttano in padella all'ultimo momento, tagliati ad anelli, insieme allo zafferano, che si scioglierà nell'acqua che buttano i calamari, e ai pomodorini che io taglio semplicemente a metà, senza asportarne i semini. La pasta andrebbe tenuta più al dente possibile, anche se con quella fresca è difficile, e legata a fuoco vivo insieme alla salsa, con una bella spolverata finale di prezzemolo. E' un piatto strepitoso per i suoi colori, mette davvero di buonumore e... trovo che sia una buona metafora di come dovrebbe essere la vita: dolce come i calamari, ma saporita al contempo, profumata di mare e speziata come il pepe, del bel colore giallo dorato dello zafferano, come il sole quando apri le finestre in una bella giornata estiva, e fresca come le foglioline di basilico che spunti dalla piantina sul davanzale al mattino presto. Ma non senza qualche spruzzata di passione, rossa come i nostri pomodorini, che fa capolino tra un rotolino di pasta e l'altro, in modo quasi inatteso.
Buon appetito!

lunedì 18 giugno 2007

IL NOSTRO RAGU'...

Questo blog rischierebbe di diventare monotono se cominciassi a scrivere solo dei miei esperimenti di cucina orientale (a proposito, la settimana scorsa ho preparato una cena deliziosa di cui fornirò ricette al più presto, ma stasera ho deciso per la tradizione!), per cui, in omaggio a mio padre che ha alzato in tutti questi anni il consumo nazionale pro-capite di maiale e derivati, ecco la ricetta del NOSTRO ragout, anzi RAGU'. Ogni famiglia ne ha una che, manco a dirlo, è la migliore e l'UNICA originale, come per ogni grande caposaldo delle cucine locali. Credo che la differenza, al di là degli ingredienti che più o meno si equivalgono, la facciano le materie prime; perciò, se volete il meglio da questo condimento, fatevi preparare la carne macinata da un macellaio di vostra fiducia, che selezioni i tagli davanti a voi e li macini solo al momento. Al bando il macinato del supermercato, almeno per stavolta...
Dunque vi servono:
- circa un chilo di macinato, che io faccio preparare con queste proporzioni: 250 g di polpa di maiale, 250 g di cartella di manzo, 250 g di salsiccia e... qui si crea una spaccatura all'interno della famiglia! Vi rendo la versione di mio padre, che è quella originale, anche se l'ingrediente che segue a me non piace: 250 g fra durelli e fegatini di pollo. I durelli sono lo stomaco, da noi anche detto magone. La carne deve rigorosamente essere macinata una volta sola, non due come fanno di solito, altrimenti diventa troppo fine, troppo sbriciolato.
-50 g di burro
-una cipolla bionda, una carota, una bella costa di sedano
-4-5 cucchiai di passata di pomodoro
- un bicchiere di latte
-sale, pepe
Il procedimento è molto semplice, si tritano le verdure e si fanno stufare nel burro, operazione questa che richiede tempo, poichè le verdure devono essere ben passate, quindi lasciatele sole tranquillamente 15-20 minuti. Poi rosolate i durelli di pollo, tagliati a cubetti: questa è la carne più dura, quindi quella cn il maggiore tempo di cottura. Dopo una decina di minuti, unite la carne macinata, una presa di sale grosso, una macinata di pepe (senza eccedere, dato che è già pepata la salsiccia) e girate bene per fare insaporire la carne. Anche questo passaggio deve essere lento, all'inizio alzate la fiamma per rosolare bene la carne, poi abbassate il fuoco e lasciate stufare bene per una mezz'ora buona. Quando la carne avrà perso la sua acqua e sarà quasi arrostita, aggiungete il bicchiere di latte, che porterà a cottura la carne e la renderà tenera. A questo punto mettete il coperchio, il fuoco al minimo o meglio ancora una piastra e... dimenticatevi, o quasi, del vostro ragù. Il "segreto", se ce n'è uno, è proprio nella cottura lunga di questo buon piatto nordico, tutto il contrario della sana cucina mediterranea con cotture veloci, pochi intingoli e verdure croccanti, ma una volta ogni tanto si può pure fare...
Mezz'oretta prima della fine della cottura, che deve durare da un minimo di due ore fino anche a tre o quattro, aggiungete i fegatini, essi pure tagliati a cubetti, e qualche cucchiaio di pomodoro passato: la salsa deve colorarsi ma fermarsi a un arancione, il pomodoro non è la predominante.
Gigi, il mio guru spirituale in fatto di leccornie emiliane ad alto tasso di colesterolo, dice che il ragù deve essere LUCIDO a fine cottura, presentare cioè quello strato oleoso superficiale.
Con questa salsa noi condiamo le classicissime tagliatelle o i maccheroni al pettine,ma a casa mia anche i tortelloni verdi e gli gnocchi di patate. Vi do qualche dritta per la pasta:
la pasta all'uovo in genere si prepara calcolando un uovo ogni due persone, e circa 100 g di farina per ogni uovo. Impastare con un pizzico di sale, nel mixer o a mano, fino a consistenza soda, ma non troppo dura, specialmente se intendete avvalervi della macchina per tirare la pasta anzichè il classico mattarello di legno, che è ben più faticoso ma conferisce quella rugosità che fa veramente la differenza... per quanto riguarda i maccheroni al pettine, vengono chiamati così perchè sono preparati arrotolando un quadrato di pasta intorno a un bastoncino di legno, che poi viene fatto scorrere su uno strumento, il pettine per l'appunto, che gli conferisce una rigatura caratteristica. Se riesco vi faccio poi vedere come si fa... Se volete fare la pasta verde (strepitose le tagliatelle "paglia e fieno"!!) dovrete aggiungere un pugno di spinaci cotti a vapore, strizzati il più possibile e tritati finissimi. L'acqua che residua negli spinaci vi richiederà un supplemento di farina, e fate attenzione poichè questa pasta è più fragile, dato il contenuto di verdura fibrosa, per cui facilmente si bucherà in più punti mentre la tirate. Raccontate agli ospiti che quello è il marchio di fabbrica della cucina casalinga tradizionale...

mercoledì 30 maggio 2007

SALMONE TERIYAKI CON SPAGHETTI DI RISO



Quando desideri qualcosa, l’Universo intero cospira affinché tu realizzi il tuo desiderio.”
Da “Million Dollar Hotel”, W. Wenders, 1999


Stasera avevo tante cose da festeggiare, perciò ho cucinato questo piatto per celebrare le Nuove Acquisizioni, benché non avessi nessuno con cui condividerlo, cosa che dai, dispiace sempre, almeno a me. Il vantaggio è poter sperimentare senza preoccuparsi di fare una figuraccia con gli ospiti!!
Allora, vi servono:
- 200 g di salmone
- 30-40 g di spaghetti di riso
- Una grossa carota
- Due o tre cucchiai di salsa di soia Tamari
- Un cucchiaio di sake
- Un cucchiaio di Mirin
- Se non avete questi ultimi due ingredienti, va benissimo un cucchiaio abbondante di aceto agrodolce, o aceto normale, bianco, ma in tal caso usatene pochissimo, è molto forte!
- Un cucchiaino di zucchero Cassonade
- Uno spicchio d’aglio
- Un pezzetto di circa 1 cm di radice fresca di zenzero
- Olio di oliva, un cucchiaio circa
- Erba cipollina, per guarnire
- Semi di sesamo bianco, un cucchiaio circa
Ovviamente gli ingredienti sono per una persona. Moltiplicate, please, all’occorrenza.
Togliete la pelle al salmone, che sarebbe meglio vi venisse affettato nel senso opposto a quello che ha fatto il mio pescivendolo, ma tant’è.. mettetelo a marinare per una mezz’ora in una salsa preparata con la salsa di soia, l’aceto, lo zucchero, uno spicchio di aglio schiacciato. Immergete gli spaghetti di riso in acqua, se tiepida lasciateli venti minuti, se l’avete fatta bollire ne basteranno tre. Fate soffriggere lo zenzero tritato in olio nel wok, poi aggiungete le carote affettate (ah, se non l’avete procuratevi assolutamente una mandolina, un attrezzo per affettare che vi si rivelerà utilissimo, uno dei migliori acquisti abbia mai fatto per la mia attrezzatura di pasticciatrice ai fornelli!!)e fatele saltare a fuoco alto mescolando continuamente per non bruciarle, col wok è un attimo! Fate tostare anche i semi di sesamo, poi eventualmente aggiungete un poco di acqua per portare a cottura le carote. Quando le carote sono ormai cotte, ma devono restare croccanti, lo sapete che questi strepitosi orientali non amano stare molto tempo davanti ai fornelli e ci fanno mangiare la roba cruda, versate nel wok una parte della salsa di marinatura del pesce, insieme agli spaghetti di riso, facendo seguire quasi immediatamente anche il salmone. Dunque, a me piace che il salmone sia appena scottato, restando crudo all’interno, quindi se voi lo volete cuocere di più aspettate a mettere gli spaghetti, tenendoli per ultimi.
Questo piatto può essere arricchito con altri tipi di verdure, che aggiungeranno una bella nota di colore e sapore: secondo me ci stanno parecchio bene zucchine scure affettate, germogli di soia, piselli, cipollotto o porro. Verdure che abbiano una nota dolce, anche la zucca va benissimo, mentre ci vedo meno il peperone, ma si sa, de gustibus… A tal proposito vorrei farvi notare che, se vi tenete in casa una minima dotazione di serie di spezieria oriental style, questi piatti diventano degli eccellenti svuota-frigo, potendo essere composti da una varietà ampia di ingredienti; ad esempio, ma solo se usate la carne al posto del salmone, anche un uovo sbattuto e cotto a frittatina a parte, poi tagliato a listarelle.
Enjoy!

mercoledì 23 maggio 2007

INVOLTINI DI RISO CON GAMBERI E FIORI DI ZUCCA

Alla fine di una giornata torrida in questa fossa che è la pianura padana ho due alternative: infilare le scarpe e andare a fare una bella corsa, magari in campagna (fatto ieri, bellissimo, anche se i primi cinque minuti sono sofferenza pura... ma della corsa parlerò in altro momento!), oppure mettermi in cucina e preparare una buona cena per chi amo, che arriverà da una giornata pure tremenda. Meglio ancora se, quando accendo i fornelli, schiaccio il magico tastino dall'avveniristico design del sound dock del mio i-pod, facendo diffondere la mia musica preferita di oggi, e mi verso un gelido bicchiere di vino bianco da sorseggiare intanto che medito su cosa inserire nelle curiose cialde di riso che ho comprato un po' di tempo fa da una giapponese nel meraviglioso mercato della Rambla di Barcellona... Alle otto c'è ancora, e per fortuna, troppa luce per accendere le candeline, gesto che solitamente completa l'atmosfera quando mi metto in cucina. Strepitoso. Ok, ecco la ricetta. Va da sè che sono fondamentali le suddette cialdine, che poi vi faccio vedere. Poi servono:

- 10-12 gamberi, meglio se i mitici gamberi rossi della Sicilia
- la parte verde di un cipollotto Tropea
- qualche fiore di zucca
- 5-6 foglie di lattuga
- sale, pepe bianco
- olio
- due fogliette di menta, if you like

In una padella antiaderente, un wok se ce l'avete, soffriggete il gambo del cipollotto tagliato a rondelle, aggiungete i gamberi, seguiti a ruota dai fiori di zucca. fate rosolare a fuoco piuttosto vivo per un minuto o due, poi aggiungete la lattuga. Salate e pepate.
A questo punto viene la parte strepitosa. avrete preparato una pentola con acqua bollente, immergetvi una alla volta le cialde di riso, che resteranno in acqua qualche secondo, giusto il tempo per farle ammorbidire. Scolatele delicatamente, appoggiatele sul piano di lavoro e mettete al centro un cucchiaio del ripieno preparato. Ripiegate la cialda e adagiate l'involtino su un piatto. Sorprendentemente vedrete questa cialda trasparente che lascia intravedere il gambero che vi sta dentro.. è bellino!! Mentre procedete a preparare gli involtini, coprite quelli pronti con una pellicola. Manteneteli in caldo appoggiando la teglia sulla pentola dell'acqua calda. Servite poggiando gli involtini su una foglia di lattuga fresca. Come accompagnamento potete dare della salsa di soia dolce Tamari, oppure qualche goccia di aceto balsamico invecchiato, di quello denso (in alternativa fate caramellare il balsamico nella proporzione di un litro di aceto per mezzo chilo di zucchero, lasciando addensare per circa un'ora - grazie alla mitica Carmen del Momah dei tempi d'oro!!). Ci sta bene un Vermentino toscano, oppure un sempre amato Chardonnay, magari siculo, magari Cusumano. Abien tout!!

Per concludere vorrei dirvi, e dire anche a me stessa, va là, che anche se non siete dei geni della cucina, se non trovate la cialdina di riso, se a malapena sapete sgusciare un gamberetto, la cosa che infonde più gioia del preparare una cena per chi ami è, ça va sans dir, il gesto stesso di regalare un bel momento a se stessi e a chi vi fa compagnia per questa serata. Rilassa di più di un corso di yoga (dove, le poche volte che sono stata, mi addormentavo regolarmente negli ultimi conque minuti di relax!!). Cercate anche voi nella vita di ogni giorno almeno un momento così, che sia cucinando, che sia sudando l'anima lungo l'argine di un fiume, ascoltando una canzone o, semplicemente, chiudendo gli occhi e ringraziando il mondo per quella vita che, anche se per 23 ore e mezzo al giorno non ve ne rendete conto, è strepitosa! Vi bacio

lunedì 21 maggio 2007

ANATRA AGLI AROMI (China style)




















Già, qui ci fregiamo di nomi dal richiamo orientale e presentiamo, come ouverture, una francesissima tatin e un plum cake a base di Parmigiano?? Eccola qui una bella ricetta Chinese Style, grazie alla Nadia che mi ha portato da Hong Kong l'ingrediente fondamentale: le CINQUE SPEZIE!! Naturalmente non c'è bisogno che un amico o parente si faccia 13 ore di volo e mezza giornata in un centro commerciale per procurarsi questo delizioso mix di..? Cannella, anice stellato, finocchio, zenzero e chiodi di garofano. L'animale protagonista è l'anatra. Cimentatevi, please, questo è un piatto di ispirazione cinese che potete tranquillamente presentare anche a un commensale (di solito è maschio) scettico che pensa che i cinesi mangino davvero il riso alla cantonese e il pollo alle mandorle che quando va bene è il cane del vicino o il gatto della zia (tanto per restare nei luoghi comuni..)...






Ingredienti:



- un'anatra tagliata a pezzi

- 2 cucchiai di pepe nero in grani

- 2 cucchiai di sale

- 2 cucchiai di zenzero fresco grattugiato

- 3 scalogni tritati

- 2 cucchiai di salsa di soia scura

- 1 cucchiaio e mezzo di polvere di cinque spezie

- 1/2 cucchiaino di glutammato monosodico
- olio di semi di arachide


Tostare in padella i grani di pepe per qualche minuto, aggiungere il sale e togliere dal fuoco. Pestare in un mortaio sale e pepe e preparare un composto con il sale, il pepe, gli scalogni, lo zenzero, le cinque spezie, il glutammato e la salsa di soia. Cospargere uniformemente l'anatra con questa pasta, coprirla di stagnola e lasciarla marinare in frigo per almeno sei ore.


Cuocere l'anatra per circa un'ora in forno a 200°, l'ideale sarebbe avere uno di quei meravigliosi forni che cuociono con il vapore (in tal caso combinare il forno a vapore col ventilato), altrimenti si può risolvere sistemando l'anatra su una griglia che andrà appoggiata su una teglia piena d'acqua. In questo modo il grasso dell'anatra colerà nell'acqua, rendendo il pennuto notevolmente più leggero, e l'anatra si manterrà morbida, senza asciugarsi troppo. A questo punto i cinesi ci fanno friggere la malcapitata papera, mandando a quel paese il piatto che finora si era mantenuto relativamente leggero: io personalmente non lo faccio, mi limito a spennellare con l'olio la carne un paio di volte durante la cottura. Si può servire con riso bollito a chicco lungo (ideale l'Uncle Ben's, altrimenti un buon Basmati ma attenzione alla cottura!) e un'insalata verde tipo lattuga, magari aggiungendo carote a julienne, condita con una vinaigrette tradizionale, accompagnamenti che mitigheranno la sapidità davvero spiccata di questa preparazione. Enjoy!!

P:S: sono proprio una neofita.. qualcuno mi dice come si toglie questa foto girata?!!

venerdì 18 maggio 2007

Diciamo che la cena non è andata come speravo, almeno dal punto di vista dei rapporti umani... però vi fornisco due ricette molto facili che soddisferanno il craving di carboidrati (la famosa CCO, carbohydrate craving obesity!!) che solo le donne possono comprendere, ma che anche gli uomini possono sfruttare qualora volessero tentare di prendere una donna per la gola.. dal punto di vista culinario, si intende, perchè per metterle le mani al collo non posso certo insegnare nulla!
Dunque, la TATIN AI PEPERONI, mettete sotto al grill del forno due peperoni, uno giallo e uno rosso, fino ad arrostirne la pelle, poi metteteli dentro un sacchetto quando sono ancora caldi, la qual cosa faciliterà notevolmente la pelatura degli stessi, una volta raffreddati. Pelateli, dunque, e divideteli in tre o quattro "filetti", che condirete con olio e sale. Stendete un rotolo di pasta sfoglia, per me è meglio quella surgelata rispetto a quella che si trova nel banco frigo, che è più sottile e si "sfoglia" meno (dunque, se avete un minimo di autostima NON cimentatevi mai nel fare la suddetta pasta in casa, c'è da perderci la vita e il rispetto di se stessi, oltre al fatto che il burro vi si scioglie in mano ed è uno schifo!!), ritagliatela nella forma della teglia, che rivestirete di carta da forno (altra invenzione strepitosa!), avendo cura di lasciare anche un bel bordo intorno. Disponete dunque i filetti di peperone e sopra mettete la salsa che preparerete facendo sciogliere in olio un paio di filetti di acciuga e aggiungendo uno o due spicchi di aglio, a fette se siete temerari oppure interi da eliminare quando avranno insaporito l'olio, e una manciata di capperini di Pantelleria. Qualche foglia di basilico, una macinata di pepe e in forno a 180° per 20 minuti finchè il bordo della pasta sarà ben dorato. Buona sia calda che fredda. Sì, lo so che la tatin è la torta rovesciata, beh invertendo l'ordine degli addendi la somma non cambia, per cui si può anche mettere la salsa sul fondo della teglia, senza carta da forno stavolta, poi i peperoni, poi la pasta; in questo modo la pasta si sfoglia meglio e potrete controllarne meglio la cottura.
L'altro è un curioso PLUM CAKE SALATO CON NOCI E PARMIGIANO, un po' più elaborato per cui saremo seri nella fornitura degli ingredienti:
- 500 g di farina
-30 g di lievito di birra fresco, o una bustina di quello secco
-2,5 dl di latte
-1 uovo
-80 g di gherigli di noce
-80 g di burro
-100 g di Parmigiano grattugiato
-qualche pistacchio sgusciato
-olio e sale
Mettete nel mixer la farina, il lievito sbriciolato, un cucchiaino di zucchero e uno di sale e impastate con il latte. Aggiungere il burro e l'uovo e lavorate bene l'impasto. Appiattite la pasta e mettete al centro il Parmigiano e le noci, poi impastate per incorporare il tutto. Ungete la palla di pasta e mettetela a lievitare per 30 minuti avvolta da pellicola. Datele poi la forma cilindrica e trasferitela in uno stampo da plum cake, dove resterà un paio d'ore a completare la lievitazione. Incidete leggermente la superficie e infornate a 200° per mezz'ora circa. verso fine cottura estraete il plum cake dallo stampo, spennelatelo di albume e cospargetelo con i pistacchi. Terminate con altri 5 minuti di forno. Questo è perfetto accompagnato a una fetta di prosciutto dolce e con un frutto dolcissimo, come un fico.
Mancano le foto, ma ci si attrezzerà...

sabato 12 maggio 2007

Accendiamo i fornelli...

... poi vedremo quanta e quale carne mettere al fuoco!
Tanto per cominciare vi racconto il nome: sono emiliana e soja me nel dialetto delle mie parti è come dire "boh", "cosa ne so?". Mi è piaciuto renderlo all'orientale, con evidente riferimento all'onnipresente salsetta bruna, perchè riflette alla perfezione la mia passione per la cucina degli altri Paesi e, al contempo, la volontà di mantenere viva la tradizione della mia terra, prolifica di sapori e profumi apprezzati in tutto il mondo. Tra gli ingredienti di questa zuppona metterò anche qualcosa che non c'entra, nel perfetto stile di ogni aspirante cuoco che sperimenta un nuovo ingrediente o qualche accostamento azzardato.. Mi piacerebbe che anche chi legge aggiungesse sapori diversi...
Nel frattempo vi lascio l'incipit di Kitchen, libercolo di Banana Yoshimoto che mi somiglia parecchio. Lei mi piace, ha un modo di scrivere (benchè filtrato da una necessaria traduzione che, per quanto, non sarà mai fedele all'originale) fresco, semplice e immediato.
"Non c'è posto al mondo che io ami più della cucina. Non importa dove si trova, com'è fatta: purché sia una cucina, un posto dove si fa da mangiare, io sto bene. Se possibile le preferisco funzionali e vissute. Magari con tantissimi strofinacci asciutti e puliti e le piastrelle bianche che scintillano. Anche le cucine incredibilmente sporche mi piacciono da morire. Mi piacciono col pavimento disseminato di pezzettini di verdura, così sporche che la suola delle pantofole diventa subito nera, e grandi, di una grandezza esagerata. Con un frigo enorme pieno di provviste che basterebbero tranquillamente per un intero inverno, un frigo imponente, al cui grande sportello metallico potermi appoggiare. E se per caso alzo gli occhi dal fornello schizzato di grasso o dai coltelli un po' arrugginiti, fuori le stelle che splendono tristi. Siamo rimaste solo io e la cucina. Mi sembra un po' meglio che pensare che sono rimasta proprio sola."
Domani sera cucino per il compleanno di mia madre, che adora tutto ciò che contempla la farina come ingrediente principale: si prevede dunque overdose di carboidrati.. seguiranno ricette e, spero di riuscirci, anche documentazione fotografica. Da rilevare che di tutte queste nuove tecnologie, macchine digitali, blog, rete, URL, cose io capisco veramente poco, dunque chi volesse commentare sia clemente, please.. e magari anche un po' falso, almeno inizialmente!!
A presto!